Caporalato in giacca, cravatta e pelliccia
Era il 2018, quando in un convegno a Foggia sullo sfruttamento lavorativo in agricoltura, in memoria di Giuseppe Di Vittorio, un nostro delegato, bracciante migrante, residente negli insediamenti informali di San Severo, denunciava la vera natura del caporalato: urlò, davanti a rappresentanti istituzionali, giornalisti e parlamentari, tutta la vergogna del comportamento dei datori di lavoro delle aziende agricole, agitando decine e decine di buste paga e contratti fasulli. Era chiaro già allora che la ricchezza del Made in Italy agricolo veniva dai comportamenti schiavistici delle aziende.
Oggi, con il deflagrare delle dimissioni di Michele Di Bari - nel 2019 nominato dal governo Conte I direttore del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Viminale di Salvini (e lì rimasto con Lamorgese), già prefetto a Vibo Valentia e Reggio Calabria - rassegnate perché la moglie Rosalba Bisceglia è indagata con obbligo di dimora e firma nell’inchiesta sul caporalato della Procura di Foggia che ha spedito in galera 2 persone e 3 ai domiciliari, mentre ne risultano indagate altre 11 tra le quali la moglie di Di Bari, nella veste di socia amministratrice di una delle aziende coinvolte.
Un problema di cui il governo e la politica tutta è perfettamente a conoscenza, ancora una volta riemerge in seguito ad una inchiesta giudiziaria. Ancora una volta magistratura e forze dell’ordine si devono sostituire alle istituzioni politiche incapaci, quando non conniventi, con un sistema ben organizzato mirante al massimo profitto sulle spalle dei lavoratori.
USB da tempo denuncia le responsabilità dell’agroindustria e della Grande Distribuzione Organizzata, veri responsabili della totale inosservanza della regolarità lavorativa dei braccianti agricoli.
Abbiamo denunciato a ogni riunione del Tavolo sul Caporalato, la farsa e la truffa della sanatoria Bellanova, dell’inapplicazione delle leggi per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri, dell’inefficacia degli interventi di Regioni ed Enti Locali, l’insufficienza degli interventi dell’Ispettorato del Lavoro. Abbiamo constatato che, nonostante i milioni di euro messi a disposizione a Borgo Mezzanone, a Torretta Antonacci, a San Ferdinando e Rosarno in Calabria, nella fascia trasformata del Ragusano in Sicilia, a Saluzzo in Piemonte, e in tutto l’agro pontino nel Lazio, la condizione dei braccianti migranti è ancora disumana, sottoposti come sono i lavoratori a ogni sorta di ricatto e sfruttamento.
Oggi la verità sta venendo fuori: sono le aziende e il commercio i veri caporali.
L’Unione Sindacale di Base chiede con forza:
- la sospensione e il sequestro di ogni contributo arrivato dall’Europa alle aziende che non rispettano i diritti dei lavoratori;
- l’aumento dei controlli nelle grandi aziende, nei consorzi di raccolta, nella Gdo, responsabili di tutte le ditte fornitrici;
- l’applicazione immediata del decreto 130/2020, sulla regolarizzazione dei lavoratori stranieri;
- l’innalzamento del salario orario per tutti i braccianti, oggi al di sotto della soglia di povertà.
USB Lavoro Agricolo