Grande partecipazione all’assemblea “Medici sotto accusa: difendiamo il diritto alla cura!” promossa da USB a Reggio Calabria

Reggio Calabria -

Sabato 24 maggio, presso la Sala “Federica Monteleone” del Consiglio Regionale della Calabria, si è svolta un’assemblea pubblica promossa dall’Unione Sindacale di Base per denunciare la deriva repressiva che colpisce la medicina di base nella nostra regione e per aprire un confronto tra cittadini, professionisti sanitari e realtà sociali sulla crisi profonda della sanità pubblica.
Tema centrale dell’incontro sono state le sanzioni comminate a diversi medici di base, accusati di prescrizioni considerate improprie. Un attacco che – come ha spiegato Peppe Marra (USB Calabria) – nasce dal tetto di spesa farmaceutica imposto per ragioni esclusivamente economiche. “Un tetto – ha sottolineato – che obbliga i medici a scegliere tra il dovere di cura e il rischio di essere multati, scaricando i costi della sanità direttamente sulle spalle dei pazienti”. Nel 2023, la spesa farmaceutica privata delle famiglie italiane è aumentata del 7,4%, mentre cresce il numero di chi rinuncia a curarsi per ragioni economiche.
Vittorio Sacco (USB Sanità) ha tracciato un quadro drammatico: quindici anni di commissariamento, diciotto ospedali chiusi, oltre 4.000 operatori sanitari fuori dal sistema, aumento delle tasse e migrazione sanitaria che ogni anno prosciuga più di 350 milioni di euro verso le regioni del Nord. “In Calabria – ha detto – ci si cura solo se si può. E chi non può, rinuncia o muore”.
Molto intensa la testimonianza della dott.ssa Marcella Borrello, medico di famiglia, che ha raccontato le pressioni quotidiane subite dalla categoria: il divieto di prescrivere farmaci essenziali, la mancanza di strumenti, l’assenza totale di supporto istituzionale. “Vogliono trasformarci in ragionieri. Ci dicono che se il paziente non può permettersi un farmaco, deve morire. Ma questo non è etico. Il medico ha il dovere di curare, non di far quadrare i conti”.
La prof.ssa Laura Corradi (Unical), sociologa, ha messo in luce i legami tra crisi sanitaria, disuguaglianze sociali e privatizzazione del sistema: “Il capitalismo fa male alla salute. Oggi sempre più famiglie ricorrono ad assicurazioni private. Serve rilanciare la prevenzione, l’autogestione delle cure e la solidarietà, mentre i fondi pubblici vengono dirottati verso l’industria bellica”.
Saverio Bartoluzzi, presidente dell’associazione di consumatori Abaco Calabria, ha denunciato gli abusi nei CUP, la carenza di specialisti, le liste d’attesa interminabili e la totale assenza di assistenza geriatrica: “Oggi curarsi è un lusso. Ma la sanità deve essere gratuita e accessibile, come stabilito dalla Costituzione”.
Pino Commodari (USB Pubblico Impiego Calabria) ha puntato il dito contro il piano di rientro sanitario: “Non esiste più prevenzione. I medici di base sono lasciati soli, delegittimati, minacciati. La libertà di cura è sotto attacco, mentre aumentano i profitti della sanità privata e i debiti pubblici restano intatti”.
Il giornalista Massimo Razzi (direttore del Quotidiano del Sud) ha ricordato che la sanità pubblica è stata il frutto di una battaglia politica e culturale: “Oggi non solo l’abbiamo smantellata, ma abbiamo anche privatizzato le coscienze. La gente si è abituata all’idea che pagare per curarsi sia normale”.
Nel corso dell’assemblea sono intervenuti, tra gli altri, anche Santo Gioffré, ex Commissario dell’ASP di Reggio Calabria, l’ex assessore regionale Michelangelo Tripodi, Marisa Valensise per i Comitati a difesa della salute e Damiano Barbagallo di Potere al Popolo, che hanno arricchito il dibattito portando proposte e analisi sui limiti strutturali del sistema calabrese.
Dall’incontro è emersa con forza la volontà di costruire un percorso collettivo di lotta e autorganizzazione: con comitati, sportelli, campagne e nuove alleanze sociali, per difendere la sanità pubblica, respingere le logiche del profitto e garantire il diritto alla cura per tutte e tutti.
L’USB rilancia da Reggio Calabria un messaggio chiaro: la sanità pubblica è un diritto universale, non un lusso per pochi. Chi oggi cura deve essere sostenuto, non criminalizzato. Chi si ammala deve essere assistito, non abbandonato. È tempo di mobilitarsi, organizzarsi e lottare.