Il vero volto della legge finanziaria

Roma -

L'opposizione di centrodestra ha definito questa legge finanziaria ostaggio della sinistra radicale e massimalista infarcendola con la solita storiella trita e ritrita dei comunistri e del paese in mano ai bolscevichi.

Invece, la maggioranza di centrosinistra esulta e parla di una manovra economica equa, socialmente giusta e redistributrice di ricchezza.

Si tratta, per entrambe le posizioni, di una visione del tutto distorta della realtà.

L'impianto complessivo della legge finanziaria rispecchia fedelmente la posizione liberista dell'attuale governo sottomesso alle linee economiche dettate dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale oltre che al rigore monetarista del ministro TPS.

Il Governo era partito annunciando una manovra di 35 miliardi per scendere, poi, a 30 e risalire, infine, a 33,4 (e pensare che qualcuno, all'interno della componente governativa, indicava come imprescindibile per la sua approvazione la diminuzione sotto il tetto dei 30). Non si è tentato neppure di percorrere la strada per stabilizzare il debito ed aprire, con l'Unione Europea, un contenzioso per l'allungamento dell'intervento sul deficit al fine di dare più rigore alla ripresa economica e alla lotta all'evasione fiscale.

Si è voluto, invece, continuare ad intervenire "alla vecchia maniera", per un drastica riduzione del debito operando con i soliti tagli alla spesa pubblica e sociale.

Ma, oltre al tenore liberista, la manovra economica si caratterizza anche dalla concertazione che il governo sta praticando con Cgil, Cisl e Uil.

Non sorprendono, quindi, i pareri favorevoli alla finanziaria da parte dei segretari generali che, tra colazioni, pranzi e cene a palazzo Chigi (Epifani ha superato tutti andando a cena direttamente a casa del Ministro Tommaso Padoa Schioppa a ridosso della presentazione della legge finanziaria) preparano, per marzo 2007, anche l'attacco alle pensioni aumentando l'età pensionabile e la riduzione dei coefficienti del calcolo della pensione in proporzione all'allungamento della vita.


Ma vediamo, in sintesi, alcuni dei punti della manovra:

 

  • la rimodulazione delle aliquote continua a favorire i ricchi e a colpire i lavoratori dipendenti e i pensionati di quanto fossero quelle in vigore nei prima anni del governo di centrodestra. Solo le famiglie numerose e monoreddito ricevono qualche spicciolo mentre chi ha un reddito tra i 15.001 e i 26.000 euro si è visto innalzare l'aliquota irpef dal 23% al 27%. A meno che, si vuole individuare l'equità solo perchè chi ha un reddito oltre i 70 mila euro all'anno dovrà pagare di tasse (solo sugli euro che guadagna in più rispetto ai 70 mila) qualche cosa in più di chi ne guadagna trenta o quaranta mila euro. Oppure, perchè chi ha un reddito superiore ai 150 mila euro dovrà pagare, ogni mese, solo 100 euro in più di tasse;
  • la riduzione dei due punti del cuneo fiscale in favore del lavoratore dipendente è una vera presa per i fondelli in quanto il tutto avviene operando sulle detrazioni e sugli assegni familiari e, questo, non sortisce alcuna redistribuzione del reddito;
  • pesantissimo è il taglio alla sanità (-1,4%) e agli enti locali che provocherà riduzione dei servizi sociali e aumenti delle imposte;
  • si introduce il ticket sulle prestazioni del pronto soccorso (23 euro per il codice bianco e 41 euro per il codice verde) e sulle ricette specialistiche (10 euro) che, oltre ad essere imposte antisociali, accelerano la privatizzazione del sistema sanitario;
  • si liberalizzano le aliquote irpef comunali dello 0,3% e si applica un aliquota dello 0,5 per mille sull'imponibile ici scatenando, inoltre, un aumento di tutte quelle odiose microtassazioni locali. In questo modo, si prepara il terreno per una serie di mini stangate a livello comunale, dato che i Comuni potranno innalzare l’aliquota Irpef a loro spettante nonché introdurre non meglio precisate “tasse di scopo” per finanziare opere pubbliche, oltre a una tassa di soggiorno (fino a 5 euro per notte per un massimo di cinque notti);
  • si aumentano i contributi ai lavoratori parasubordinati (23%) e ai lavoratori dipendenti (+ 0,3%);
  • si prevede la possibilità per le imprese di trasformare i rapporti Co.Co.Co. in contratti subordinati versando solo la metà della quota di contribuzione per i periodi di vigenza dei CCNL;
  • le possibilità concrete di assunzioni sono limitate ad una spesa che non può superare il 20% delle disponibilità. Di fatto, questa forte costrizione si traduce in un divieto ed in una ridicola stabilizzazione del precariato nella pubblica amministrazione;
  • nessun intervento viene adottato sulla legge 30;
  • gli stanziamenti per i rinnovi contrattuali (90 euro per gli anni 2006, 2007 e 2008) sono fortemente al di sotto di quelli finanziati dal precedente governo di centrodestra (103 per il 2004 e 2005);
  • si buttano le basi per la destrutturazione della pubblica amministrazione a partire dalla soppressione delle articolazioni provinciali del MEF;
  • vengono stanziati 10 milioni di euro per l'anno 2007 e 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008 (decreto legge collegato alla finanziaria), da destinare ad un apposito fondo per finanziare, nei confronti del personale dell'Amministrazione economico-finanziaria nonché delle amministrazioni statali, la concessione di incentivi all'esodo, la concessione di incentivi alla mobilità territoriale, l'erogazione di indennità di trasferta, nonché uno specifico programma di assunzioni di personale qualificato;
  • si stanziano oltre 2 milioni di euro (decreto legge collegato alla finanziaria) per l'affidamento, anche a società specializzate, di consulenze, studi e ricerche aventi ad oggetto il riordino dell'amministrazione economico-finanziaria
  • si scippa il tfr per finanziare opere pubbliche e si regala alle imprese il mancato versamento di contributi sociali che sarà a carico dei contribuenti con l'istituzione di un apposito fondo;
  • si stanziano, per le spese militari (comprese le missioni all'estero), 4,5 miliardi di euro triennali quando già si destina due punti di percentuali di pil per tale scopo.


Ma vi è un ulteriore elemento sul quale occorre porre molta attenzione in quanto subdolo e pericoloso.

Il governo ha rinviato lo scontro con i lavoratori su una serie di terreni decisivi (a partire dalle pensioni, dallo smantellamento della pubblica amministrazione e dalla scuola) non per amore della giustizia sociale, ma per un semplice ragionamento tattico. Se passa la finanziaria con il consenso di Cgil, Cisl e Uil si creeranno migliori condizioni politiche per far passare in modo "concertato" quelle controriforme che il governo tiene nel cassetto ma che oggi non ha la forza per portare avanti.

Per esempio, con la firma del "memorandum d'intesa" siglato tra Governo e Cgil, Cisl e Uil, a gennaio, non appena girato lo scoglio della finanziaria, è già prevista l’apertura del negoziato per mettere mano alle pensioni.


Parlare, quindi, di una legge finanziaria equa e che ridistribuisce la ricchezza prodotta risulta ridicolo.

Qualcuno si è dimenticato che i salari e gli stipendi, negli anni 80, costituivano il 60% della ricchezza mentre oggi sono poco più del 40%.

E che i profitti e le rendite erano il 40% mentre, oggi, sono circa il 60%.

I profitti e le rendite, quindi, si sono mangiati più della metà del monte salari.

Della proclamata "lotta alla rendita" nella manovra non c’è neppure un euro proprio perchè il governo non si azzarda a toccare il grande capitale, quel 10% delle famiglie che possiede il 43% della ricchezza netta totale del paese.

In realtà è proprio quella la strada da percorrere.

La vera svolta è colpire le rendite e le speculazioni finanziarie; stabilizzare il debito, rivitalizzare l'intervento pubblico nell'economia; nazionalizzare le imprese regalate per due lire ai privati che le hanno saccheggiate, spolpate per poi spezzettarle e venderle all’asta; porre fine al mare di precarietà che da un decennio avvelena la vita di milioni di lavoratori e nega ogni prospettiva di vita decente; bloccare la corsa alla privatizzazione di tutto ciò che è pubblico; aumentare i salari e le pensioni (unica via possibile per una vera "svolta equa") massacrati da dieci anni di politica concertativa.

 

Per questo ci opponiamo a questa legge finanziaria e abbiamo proclamato, per il 20 ottobre 2006, lo sciopero nazionale del pubblico impiego (ultime due ore) e, insieme a tutto il sindacalismo di base, lo SCIOPERO GENERALE per il 17 novembre 2006.

 

Per questo, siamo contro la soppressione dei Dipartimenti Provinciali del MEF, la mobilità territoriale e la "rottamazione" dei lavoratori.

 

DIAMO VOCE E CORPO ALLA PROTESTA

13 OTTOBRE 2006

GIORNATA DI MOBILITAZIONE NAZIONALE

ASSEMBLEA CON PRESIDIO

ore 9.00 - via XX Settembre 97 - ROMA