Oltre il contratto... (oltre le Colonne n.1/2006)

Roma -

1. i quattro punti

Molti nostri delegati ci hanno scritto o telefonato per manifestare delusione, rabbia e amarezza, propria e dei lavoratori a noi vicini, riguardo ad una vertenza contrattuale condotta unitariamente con delegati di sigle che, frettolosamente, l’hanno chiusa rinunciando a punti che avevano dichiarato irrinunciabili.

Abbiamo già diffuso alcuni comunicati informativi che, con la nostra nota a verbale, hanno descritto le principali motivazioni che ci hanno spinto a non sottoscrivere l’intesa.

Ma, data anche l’importanza, e, per alcuni versi, la complessità, delle questioni a cui ci riferiamo, è indispensabile tracciare un quadro generale della situazione, per una migliore comprensione dello sviluppo delle questioni, e, partendo da qui, ci consenta di darei una prospettiva di miglioramento che consenta di andare, per l’appunto, oltre il contratto.

Noi, e chiunque non sia in mala fede se ne è accorto, abbiamo veramente creduto (ed investito) nelle lotte dei lavoratori.

Abbiamo infatti, messo a disposizione di tutti il nostro sito internet/intranet divenuto vetrina e cassa di risonanza delle lotte, a prescindere dalle bandiere che sventolavano. Abbiamo pubblicato verbali di assemblea, comunicati delle rsu, foto delle iniziative del 16 gennaio, ed infine, circa 200 mozioni assembleari che ci sono giunte dai posti di lavoro e contenenti i quattro punti irrinunciabili: il mandato dei lavoratori.

Crediamo di poter tranquillamente affermare di essere stati gli unici ad aver fatto tutto questo.

Inoltre, sollecitati dai posti di lavoro, abbiamo elaborato con le altre sigle, anche facendo passi indietro rispetto alla nostra posizione di partenza, un documento unitario, quello del 19 gennaio, che consentisse di arrivare, almeno formalmente, sul tavolo di trattativa con una posizione sindacale  unitaria, basata, come detto, su quattro punti.

Ricordiamo che le RdB Pubblico Impiego hanno sottoscritto, fin dalla preintesa, il primo contratto delle Agenzie Fiscali, dimostrando che non esiste per noi pregiudiziale ideologica e che, in caso di accettazione dei quattro punti, saremmo stati, come sempre, liberi di ragionare serenamente anche di una nostra eventuale firma.

Non perché ritenevamo fosse soddisfacente l’incremento economico di “almeno 116 euro per un ex b3”, ma perché, la combinazione degli altri tre punti, avrebbe appresentato un superamento dell’accordo di Maggio 2005, recuperando, seppur parzialmente, sul piano del salario indiretto (buoni pasto), del salario differito (il riconoscimento dell’indennità di agenzia nel calcolo della liquidazione), ma soprattutto, dei diritti (la questione della “tassa sulla malattia”) quanto negato proprio da tale accordo.

Cedere rispetto anche ad uno solo dei quattro punti, richiesti da tutti i lavoratori, lo avevamo detto, avrebbe significato, oltre al non rispettare il mandato dei lavoratori, mediare oltre il mediabile… spostare verso il peggio il “miglior contratto possibile”…

Oggi, se tornassimo indietro, rifaremmo tutto allo stesso modo.

Le lotte unitarie hanno infatti avuto il pregio, per quanto ci riguarda, di spostare la discussione dall’accusa che spesso, a sproposito, ci viene mossa, quella di essere “quelli che, ideologicamente, dicono no a tutto”, a contenuti concreti su cui ognuno ha potuto dire la sua, e su cui, ognuno finirà col prendersi le proprie responsabilità, che, come vedremo dopo, ci sono… eccome!

Siamo certi che senza le lotte dei lavoratori, e senza la presenza fortemente attiva delle RdB in tali lotte, questo contratto poteva essere anche peggiore.

Sono arrivati risultati per cui negli anni passati abbiamo costruito decine di iniziative, come lo sblocco del valore dei buoni pasto, oppure, più recenti, ma che comunque ci hanno visto in piazza, come il riconoscimento dell’indennità di agenzia nella liquidazione. Non era affatto scontato. Tali risultati non vanno sottovalutati. Ma non sono sufficienti. Non era quanto ci avevano chiesto i lavoratori.

Lo sappiamo, oggi, di fronte ad un’intesa già sottoscritta, troveremo colleghi esasperati e delusi, ma dobbiamo continuare a fare il nostro dovere sindacale.

Dobbiamo, ci rivolgiamo in particolare ai nostri delegati, fare assemblee, anche nei posti di lavoro dove non siamo presenti, o comunque parlare con i colleghi e fornire, a chiunque voglia saperne di più, strumenti per un analisi “altra” del contratto.

Dobbiamo, far votare in assemblea, o meglio, la sottoscrivere la mozione che alleghiamo, non tanto con l’obiettivo di bloccare tutto, bensì, di segnalare, visto che il SILENZIO è ASSENSO, che abbiamo capito di essere stati presi in giro!

Dobbiamo, soprattutto, partire da questa consapevolezza, dotarci di strumenti per migliorare la nostra condizione, e non trovarci nuovamente in futuro nella stessa situazione.

Se poi il nostro DISSENSO riuscisse a migliorare ancora l’intesa prima della definitiva sottoscrizione… tanto meglio…

 

2. un contratto che non ci piace

Abbiamo ricordato che, dopo la straordinaria giornata del 16 gennaio, che ha visto in piazza circa 40.000 lavoratori del Fisco, è maturato, dalle richieste dei posti di lavoro, il documento sindacale unitario del 19 gennaio, subito rinnegato nei fatti da alcune sigle, che per prepararsi il terreno, hanno iniziato a spargere la voce che alcuni risultati, in particolare la questione sulla malattia, erano difficili da ottenere… Poi è arrivato il 26 gennaio.

Chiunque abbia un minimo di esperienza sindacale può facilmente comprendere che all’ARAN non c’è stata trattativa vera.

La discussione, se così si può chiamare, si è sviluppata in poco più di un ora (compresa l’esposizione della proposta di parte pubblica) e si è conclusa ancor prima di cominciare.

Come era possibile parlare in così poco tempo seriamente della questione “tassa sulla malattia” o di rivisitazione degli incrementi proposti dall'ARAN?

Insomma, proprio chi oggi ci accusa di essere andati all’ARAN già decisi, a prescindere, a non firmare l’accordo, mente sapendo di mentire.

E lo fa per allontanare da se il sospetto (anzi la certezza) del contrario, della propria disponibilità a firmare qualsiasi cosa l’ARAN avesse proposto.

Entriamo nel merito. Oltre ad invitarvi nuovamente a leggere nota a verbale e comunicati da noi diffusi subito dopo la sottoscrizione dell’accordo, proviamo qui a sintetizzare i motivi di dissenso.

Siamo di fronte ad un contratto con:

  • un importo insufficiente a recuperare il potere d’acquisto del nostro salario e conteggiato, per vostri artifici contabili, non sull’ex livello b3, come logico, e come richiesto dai lavoratori, ma su un livello artificioso tra b3 e c1;
  • un incremento diviso su tre rate, con oltre il 16% dell’importo complessivo a partire dal 2006, ovvero con decorrenza posteriore alla scadenza del contratto stesso;
  • oltre il 10% degli incrementi non in busta paga, ma nella produttività. Fatto questo inaccettabile in un comparto dove già oltre il 30% del salario è salario di produttività;
  • un incremento calcolato in percentuale, ma non per tutti, visto che per gli ex Super, che hanno fascia retributiva diversa dai livelli di provenienza, l’incremento è lo stesso;
  • il mantenimento della “tassa sulla malattia”, ovvero la detrazione dell’indennità di amministrazione per le malattie sotto i 15 giorni, vero atto di inciviltà nonché furto, visto che buona parte di tale importo deriva dalla stabilizzazione del nostro Fondo di Produttività.

 

Sulla questione della “tassa sulla malattia” suona ridicolo pensare che sia una vittoria la dichiarazione a verbale, praticamente identica a quella del contratto di due anni fa, magari solo perché quella di quest’anno parla di “definitiva e sostanziale soluzione”… visto l’andazzo, ci pare di esser di fronte a quei cartelli ironici che si vedono in alcuni negozi: OGGI NON SI FA CREDITO, DOMANI SI!

La questione della malattia era, come avevamo già affermato prima della trattativa, il vero elemento qualificante del contratto.

Non tanto per l’entità della cifra recuperata, quanto perché avrebbe trasformato la questione contrattuale da semplice fatto “ragionieristico” a quello che dovrebbe essere, un dibattito su diritti e dignità dei lavoratori, piano che, come vedremo, ci è certo più congeniale.

Un significato “alto”, che avrebbe potuto nobilitare la trattativa… invertire la tendenza alla perdita dei diritti… ma, come abbiamo detto, così non si è voluto!

 

 

3. il continuo peggioramento

Quanto detto basterebbe. Ma non si può dimenticare il contesto in cui l’accordo si cala.

C’è un corso un tentativo  di allungare i tempi di rinnovo dei contratti, passando dall’attuale biennio, al triennio, o addirittura, al quadriennio.

C’è una legge finanziaria che:

  • non stanzia soldi sufficienti per il nuovo contratto, visto che quello di cui parliamo, è bene ricordarlo, è già nuovamente scaduto il 31 dicembre scorso,
  • che ci priva del diritto, che in molte cause stavamo affermando, del pagamento delle festività cadenti la domenica
  • che taglia le indennità di trasferta.

Siamo stati sottoposti ad attacchi feroci a mezzo stampa e dal Governo, quindi sembrano essere fortemente a rischio i Fondi accessori che derivano dall’applicazione del comma 165. Dei Fondi del 2005, da calcolare sulla base dei risultati del 2004, neanche si parla (stiamo preparando una lettera al ministro in cui chiediamo l’immediata firma del decreto). Parliamo di circa 280 milioni di euro annui che cercano di scipparci… basti pensare che il rinnovo contrattuale, così come maturato, ha un costo di circa 85 milioni di euro annui...

Ci sono sentenze del Consiglio di Stato che classificano i passaggi tra le aree come “nuove assunzioni” con tutto quello che ciò può significare sul piano della negazione del diritto alla carriera.

Aumenta, a dismisura, il precariato nelle Agenzie Fiscali.

Aumentano i carichi di lavoro.

Le Agenzie, con le Entrate che fanno da apripista, cercano l’affondo sulla questione della valutazione della prestazione individuale (Antares)….

Questo solo per restare alle questioni più evidenti…

L’eccessiva disponibilità alla mediazione e l’attenzione continua a logiche di compatibilità senza curarsi delle richieste della base, ne depotenzia le lotte e diviene, di fronte a tali questioni, dimostrazione di debolezza… di cui, siamo certi, la nostra controparte non tarderà ad approfittare. 

 

4. il miglior contratto possibile?

Siamo certi, che molti delegati di altri sindacati, molti delegati RSU, animati dalla stessa onestà intellettuale che li ha spinti a lavorare assieme a noi nel mese di mobilitazione, si interrogheranno sulle questioni da noi sollevate e come noi, non riusciranno ad ingoiare ragionamenti tipo:

siamo in una fase politica difficile… gli stanziamenti (del Governo “cattivo”) erano pochi… o firmavamo ora o chissà quando… bisogna accontentarsi di buoni pasto e l’indennità nella liquidazione…. è meglio questo che niente… i metalmeccanici hanno preso molto meno… è, comunque, il miglior, contratto possibile!

Ma chi decide che è il miglior contratto possibile? I contratti, validi su tutti, da tutti che devono essere validati.

I lavoratori devono potersi esprimere con voto segreto… e vincolante. Si fa con i metalmeccanici. Non si capisce perché no nelle Agenzie Fiscali.

Il Referendum, con voto segreto, scrutinio pubblico e vincolante, è atto di democrazia. Chi ha firmato l’accordo dovrebbe praticarlo! 

 

5. ed ora? siamo da capo?

Fin qui la parte critica del nostro documento. Ma, a (ulteriore) dimostrazione che siamo un sindacato che non si limita alla critica, vogliamo aggiungere un ultimo paragrafo.

Alcune ultime riflessioni di carattere generale e, soprattutto, una proposta, che fornisca quella prospettiva di cui parlavamo all’inizio.

Va, innanzitutto ricordato che la nostra recente vicenda contrattuale non è un caso isolato. E’ simile a quella di molti altri settori del lavoro dipendente.

Ritardi ormai regolari, quantificabili in termini di anni, e che costringono regolarmente i lavoratori a mobilitazioni costose, sia in termini di impegno che economici.

Oltre al danno, la beffa.

Lo ricordate? Due anni fa abbiamo dovuto fare lo stesso, di nuovo per un contratto già scaduto… è la seconda volta in due anni…

ma, non dimentichiamolo, per tutti gli anni ’90 è stato così: non esiste un adeguamento retributivo che sia più di un recupero tardivo (e parziale) della perdita del potere d’acquisto dei nostri stipendi.

E così, la pessima ipotesi di accordo contrattuale, sottoscritta il 26 gennaio u.s., nella migliore delle ipotesi, porterà nelle nostre tasche gli (insufficienti) arretrati, di un biennio contrattuale scaduto, non prima della fine di marzo 2006 (un paio di settimane prima delle elezioni!!!).

Questo è il frutto malato di un modello contrattuale, nato dall’eliminazione della scala mobile e dall’introduzione della Politica dei redditi varata da Patto di Luglio 1993.

Da allora le contrattazioni si fanno su presunti recuperi basati sull’inflazione programmata, soggetti a trattativa in cui una delle parti, ovviamente quella dei lavoratori, è in posizione di netto svantaggio per il depauperamento costante del proprio salario reale, assoggettabile al ricatto temporale, tale da fare digerire accordi a perdere purché siano.

Un modello contrattuale che abbiamo sempre contestato e che, ormai, sta mostrando, in misura sempre più evidente, il suo fallimento.

tra due anni saremo da capo a rincorrere contratti scaduti? Il contratto che è già scaduto dal 31 dicembre 2005?

Noi diciamo di no!

E’ arrivato il tempo di sorpassare la logica delle tattiche dilatorie utilizzate da oltre dieci anni, e di ricercare strumenti che consentano automaticamente il dovuto mantenimento del potere d’acquisto.

Tutto questo, lo ricordiamo nuovamente, esisteva già, ed aveva un nome:

Scala Mobile

Nell’era dell’informatica, potremmo ottenere facilmente adeguamenti salariali in tempo reale.

Questo, oltre a dare respiro ai nostri portafogli sempre più asfittici, ci consentirebbe di concentrare la nostra attenzione a conquistare nuovi diritti e dignità, anziché in una continua rincorsa a quello di cui ci privano tutti i giorni.

E’ giunto il tempo ORA di fare un passo avanti? Noi pensiamo di si!

Oggi quindi possiamo dire che questo contratto non ci piace,

ma non dobbiamo limitarci a questo,

possiamo dire che non vogliamo più contratti/ricatti

e che, quindi,

vogliamo andare … oltre il contratto.

 

La CUB, la Confederazione Unitaria di Base, di cui le RdB fanno parte ha presentato ieri (1 febbraio 2006), assieme ad altri soggetti del sindacalismo di base, una proposta di legge di iniziativa popolare per reintrodurre un meccanismo di riallineamento automatico dei salari.

A breve raccoglieremo le firme necessarie per depositare la proposta al nuovo parlamento che sarà eletto il 9 e 10 aprile.

E’ ora di cambiare!

E noi vogliamo farlo!

Costruiamo assieme gli
strumenti del cambiamento!