Sciopero generale del 20 giugno e manifestazione nazionale del 21: una questione di chiarezza, coerenza e coraggio
Mai come in una situazione così convulsa e drammaticamente attraversata da guerre nei vari quadranti del mondo occorre chiarezza, coerenza e coraggio.
E' necessario perché la guerra è un elemento costituente che sta mutando le nostre vite e la natura e la funzione degli Stati, che vi partecipano direttamente o indirettamente attraverso la folle corsa al riarmo.
E' necessario perché gli effetti della guerra si riproducono all'interno delle economie dei singoli Stati, indirizzando tutte le risorse sul piano militare e a scapito dei salari e delle già ridotte spese sociali.
E' necessario perché il clima di guerra produce quella torsione autoritaria e quel restringimento degli spazi di agibilità politica, sociale e sindacale del quale il liberticida decreto sicurezza è una chiara rappresentazione.
E' necessario perché decenni e decenni di occupazione dei territori palestinesi, di apartheid, di aperto sostegno alla politica guerrafondaia dello Stato di Israele e di sistematico genocidio della popolazione palestinese, costituiscono non solo un'emergenza umanitaria, ma soprattutto un'emergenza politica: e senza la fine del progetto sionista e il riconoscimento della libertà per il popolo palestinese, non vi potrà essere mai alcuna pace.
Opporsi alla guerra significa, oggi, essere contro ogni forma di aumento delle spese militari, in tutte le sue declinazioni, anche in quella ipocrita della così detta difesa comune europea, essere contro quella devastazione sociale e culturale prodotta da decenni di moderazione salariale, ora esasperata proprio in nome della guerra, essere dalla parte del popolo palestinese senza se e senza ma.
Un movimento contro la guerra certo deve essere ampio e inclusivo, ma anche capace di individuare con chiarezza gli obbiettivi politici.
Chi invece condivide quel progetto barbaro e agghiacciante che vede nella corsa al riarmo una opzione per uscire dalla crisi e rilanciare l'Unione Europea come potenza nella competizione globale e chi, dopo decenni di complicità militare, economica e politica con lo Stato di Israele, ora, per mere ragioni elettorali, vuole ridurre tutto alla singola follia del criminale Nethanyahu, costituisce un ostacolo alla costruzione di un movimento per la pace che sia credibile e capace di mettere davvero in discussione il sistema della guerra.
La chiarezza, la coerenza e il coraggio risiedono proprio nella individuazione degli obbiettivi e nell'opporsi alle varie articolazioni attraverso il quale si dispiega il sistema della guerra.
Il senso politico dello sciopero generale del 20 giugno e della manifestazione nazionale a Roma del 21, è esattamente questo: un compito non facile ma oramai non più procrastinabile.