Sciopero generale, rimettiamo al centro casa, salario e diritti
In un Paese che conta già oltre 3 milioni di lavoratori e lavoratrici poveri e 2 milioni di disoccupati, l’aumento generalizzato dei prezzi ha ridotto del 12% il potere d’acquisto, peggiorando drasticamente le condizioni di vita delle classi popolari e facendo precipitare migliaia di famiglie in condizioni di povertà.
Di fronte a costi della vita insostenibili ai più, a partire da affitti, mutui, bollette e beni di prima necessità servono investimenti per aumentare i salari, tutelare i redditi e ampliare il welfare anziché ridurlo.
La cancellazione del reddito di cittadinanza, le briciole erogate per gli aumenti delle pensioni minime, l’estensione dei contratti a termine e dei voucher, l’eliminazione dei fondi al sostegno alla locazione a fronte di migliaia di sfratti ogni anno e dell’assenza di un piano di rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, sono ulteriori tasselli che confermano la scelta anche di questo governo, come di quelli che si sono alternati negli ultimi trent’anni, di schierarsi a tutela degli interessi di profitto di padroni e palazzinari, aumentando la massa di popolazione sottopagabile, tagliando sul costo del lavoro e distruggendo quel poco che rimane di welfare e diritti.
Dalla finanziaria al decreto Lavoro, passando per la cancellazione della protezione speciale per i migranti, è chiara la volontà del governo Meloni di continuare ad inasprire la guerra ai poveri, ai precari e disoccupati, e al contempo, di alimentare le politiche guerrafondaie dell’Unione Europea e della Nato, tagliando la spesa pubblica per investire in armamenti.
Mentre i fondi del PNRR vengono dirottati per la produzione di munizioni e per finanziare grandi opere inutili e dannose come il Tav in Val Susa, il ponte sullo stretto o continuare la cementificazione in Emilia Romagna con il Passante, la crisi ambientale prodotta da questo modello di sviluppo continua ad abbattersi sui nostri territori, aggravando la crisi sociale.
Sono migliaia le famiglie in Emilia Romagna che si ritrovano senza casa a causa dell'insufficienza di investimenti ed assunzioni per la prevenzione e tutela dei territori. Sono migliaia i lavoratori e lavoratrici, anche precari, che in questa situazione emergenziale non hanno alcuna copertura salariale per le giornate di inattività o che non sanno se e quando inizieranno a lavorare come gli stagionali del turismo: a questi lavoratori è necessario allora garantire subito un reddito di emergenza.
Anche per questo, contro un governo che odia le classi popolari, contro l'ipotesi sindacale collaborazionista di Cgil Cisl Uil, il 26 maggio invitiamo inquilini, pensionati, lavoratori e lavoratrici precari, atipici, sottopagati a partecipare allo sciopero generale di USB, per rimettere al centro casa, salario e diritti:
- 300 euro netti subito in busta paga
- Stipendi legati all'inflazione reale
- Salario minimo 10 € l'ora
- Prezzi, affitti e tariffe calmierate
- Un milione di case popolari riutilizzando lo sfitto
- Rilancio del sistema pensionistico e previdenziale
Federazione del Sociale USB