UN TRASPORTO PUBBLICO CHIAMATO DESIDERIO

Roma -

Gli indicatori qualitativi dello sviluppo sono soliti misurare ricchezza, prospettive di crescita e salute della popolazione senza tenere conto di beni come ambiente, aria e servizi pubblici (i cosi detti beni comuni). Altresì non tengono conto dei costi generati dalle attività produttive, per inquinamento, sfruttamento non sostenibile delle risorse (territorio, ambiente, aria).

Si possono produrre grandi ricchezze ma se sul territorio l’accesso ai servizi, il costo della vita, la qualità dell’ambiente e delle infrastrutture, la mobilità dei cittadini sono pessime di quale economia parliamo? E soprattutto di quale politica?

 

Questo atteggiamento generale ha condizionato e condiziona da sempre la definizione progettuale del sistema mobilità Italia in termini di valutazione degli impatti sui relativi costi ambientali, di congruenza tra mezzi a disposizione ed obiettivi proposti e perseguiti.

L’uso delle risorse disponibili non è stato finalizzato ad interventi di condivisa valenza strategica e di accertata redditività economica e sociale, al contrario, la limitatezza (riduzione) delle risorse messe a disposizione per l’accesso ai servizi, per la qualità dell’ambiente ha giustificato e alimentato, in questi anni, uno sviluppo civile e produttivo del Paese basato sul “libero mercato” per settori produttivi e servizi ritenuti senza mercato cioè non produttori di utili come se la salute, l’ambiente, la libera circolazione invece di considerarli beni fondamentali e che determinano il DNA di una società realmente democratica.

Le conseguenze di tali scelte politiche ed economiche si stanno sempre più riverberando con effetti negativi sul sistema e vivere civile.

 

Per la CUB Trasporti è necessario ed indispensabile affrontare, definire e perseguire in modo nuovo gli indicatori qualitativi per lo sviluppo della nostra società basandosi non su parametri legati alla produzione e al consumo ma prevedendo, al contrario, l’incrocio ponderato dei seguenti macro temi: ambiente, economia e lavoro, diritti e cittadinanza, pari opportunità, salute e partecipazione politica e sociale dei cittadini.

Questi sono i cardini da cui partire costruendo democraticamente e realisticamente un concreto rapporto tra economia, territorio, gestione delle risorse e partecipazione dei cittadini.

 

Per questo occorre far assumere e perseguire come metodo democratico:

• momenti di comunicazione e di ascolto e di condivisione sui progetti e sulla realizzazione delle opere;

• momenti di valutazione sulla funzionalità delle prestazioni e progetti, a tutti i livelli, ambientale e sociale per verificarne la reale rispondenza ai bisogni, alla domanda e aspettative della collettività e tra le comunità interessate.

 

Tale pratica e approccio consentirebbe di superare buona parte delle criticità manifestatesi e che si stanno manifestando (vedi la vicenda TAV) tra cittadini e istituzioni, locali e nazionali, e potrebbe, oltre ad orientare le scelte progettuali, definire come utilizzare le risorse e impedire la lievitazione di costi e limitare la politica dello spreco e dello slittamento e allungamento dei tempi per la realizzazione di opere utili alla collettività.

 

Occorre, in altri termini, rivisitare quanto programmato e messo in cantiere sino ad oggi avendo come obiettivo cardine la migliore aderenza alle reali aspettative e domande di mobilità dei cittadini, della collettività e quindi la migliore utilizzazione di risorse che abbia come presupposti e motivazione non il profitto o il mercato ma i bisogni e le aspettative della collettività, la tutela delle condizioni di lavoro e dei diritti dei lavoratori dei trasporti.

 

In tale contesto imporre la rivisitazione delle scelte e priorità diventa impegno strategico della CUB Trasporti per ridefinire gli indicatori qualitativi per uno sviluppo della nostra società realmente democratico e partecipato.

 

Questo percorso punta a ribaltare la filosofia sin qui consolidata del mercato, del profitto che ha considerato e considera come residuale e superato un approccio che ricompone il puzzle oggi disperso e frammentato delle infrastrutture, dei trasporti, delle città, del territorio.

 

Il contesto di riferimento di ogni scelta e di ogni azione della CUB Trasporti è l’intero territorio, le istanze e la partecipazione dei cittadini, delle comunità, dei lavoratori.

 

L’impegno della CUB Trasporti è di promuovere iniziative per sostenere i territori affinchè siano attrezzati non per sostenere ideologie di libero mercato e competizione ma per promuovere politiche, azioni che diano risposte al sistema Paese con particolare attenzione ai bisogni e aspettative espressi democraticamente con strumenti di partecipazione, consultazione, proposizione e di critica costruttiva.

 

Un primo impegno riguarda gli spazi fisici e le infrastrutture in cui insistono le città o i sistemi di città dove convivono e si muovono i cittadini in cui esercitano le loro attività, dove giorno dopo giorno vivono il loro futuro e quindi un impegno per la progettazione e costruzione degli ambienti e degli spazi dotandoli di servizi che consentano di sviluppare la socialità in modo democratico.

 

Questo significa cercare di favorire, non un piano più equilibrato sul piano territoriale del traffico, ma un piano della mobilità che tenga conto della funzionalità delle prestazioni, a tutti i livelli, ambientale e sociale per dare risposte ai bisogni, alle domande e aspettative della collettività e delle comunità interessate.

 

Ora se questo è l’impegno di lavoro progettuale e politico della CUB Trasporti di contro la stessa ha ben presente la realtà, l’attuale, che ha innanzi.

 

Anni di completo abbandono di una politica di programmazione del settore dei trasporti con contemporanea riduzione sistematica di risorse e investimenti hanno determinato una situazione gravemente critica.

 

Ogni vettore è in forte difficoltà al punto che sta minando e frenando le possibilità di sviluppo del nostro Paese e conseguentemente sta incidendo sulla qualità della nostra vita.

 

La cronica carenza di risorse per il trasporto pubblico, la crisi produttiva e finanziaria di pezzi importanti per la nostra mobilità come le Ferrovie accompagnata dalla mancata volontà di mantenere pubbliche e risanare aziende come l’Alitalia sono la diretta conseguenza di scelte assolutamente non trasparenti e decisamente dannose per il sistema Paese.

 

A questo scenario disastrato va aggiunto il quadro negativo del cabotaggio e l’altrettanto negativo ridimensionamento del gruppo Tirrenia frutto dei tagli determinati dall’ultima finanziaria. Il blocco di investimenti e di un piano organico della portualità sta impedendo la capitalizzazione della ripresa di centralità del Mediterraneo come autostrada per gli scambi internazionali via mare.

 

La crisi dei trasporti non è conseguenza di una crisi di domanda, è in realtà una contrazione e scadimento dell’offerta sia in termini di quantità ma soprattutto di qualità e sicurezza.

 

La crisi dei trasporti non si è risolta con le scelte di liberalizzazione e privatizzazione che si sono operate nei vari segmenti del settore anzi invece di invertire la tendenza hanno ulteriormente contribuito al collasso dei trasporti. Non è stato affrontato, soprattutto non si è voluto dare, ad un sistema complesso come quello dei trasporti, una sede di programmazione e di regolazione che facesse i conti con la qualità, quantità delle infrastrutture e dei trasporti fondamentale per lo sviluppo e il bisogno di mobilità del sistema paese.

 

Sistematicamente sono venuti meno strumenti e regole che tutelassero il lavoro, che fossero finalizzati alla formazione, si è incancrenito il sistema delle relazioni sindacali del settore in quanto pesa la dicotomia tra chi gestisce il trasporto e chi indirizza e mette a disposizione risorse.

 

Di fatto i processi iniziati nel 1997, hanno determinato il conferimento agli Enti territoriali delle funzioni e dei compiti in materia di servizi pubblici di trasporto e hanno individuato nelle Regioni i soggetti regolatori, ma non sono stati accompagnati da una politica finanziaria autonoma certa e specifica per il settore, il trasferimento dallo Stato alle Regioni delle risorse relative al TPL non sono mai arrivate interamente alle aziende e sono state progressivamente ridotte in quanto l’incremento dal ’96 al 2003 è stato del 6% mentre l’inflazione si attestata ad un + 19,36%. Questo dato è stato ulteriormente aggravato dal criterio nazionale di ripartizione delle risorse rapporto costi/ricavi 65/35 e dalla maggiore rigidità dei vincoli di spesa che ha determinato come unica soluzione la rincorsa all’abbattimento dei costi, con l’onere maggiore sostenuto dal lavoro che da solo rappresenta circa il 70% delle uscite complessive. Contestualmente non sono state attivate politiche di accompagnamento e di una puntuale e democratica definizione dei servizi minimi essenziali da erogare non essendo tenuto in debito conto l’attuale bisogno di mobilità dei cittadini. I criteri di definizione dei servizi minimi essenziali oltre ad essere un optional, condizionato pesantemente dai scarsi budget messi a disposizione dai vari enti territoriali, sono vecchi di oltre 15 anni e rispecchiano la fotografia di una rete sociale che in molti casi, se addirittura non esiste più, si è fortemente modificata.

D’altro canto quanto accaduto in questi anni mette in risalto il fallimento della filosofia sin qui portata avanti di privatizzazione e liberalizzazione del settore.

In questi anni se queste politiche liberiste hanno prodotto un incremento di produttività attorno al 25%, conseguente alla diminuzione del personale e ad un abbattimento dei costi di circa 20 punti, fatto interamente pagare ai lavoratori, questo dato “positivo” è stato vanificato interamente dall’ulteriore abbassamento della velocità commerciale pari a 18 Km/orari come media nazionale, con punte di circa 10 Km/orari nelle città con maggior traffico.

Il materiale rotabile, la cui età media è passata dai 7 anni del 1996 ai 10,5 anni del 2004, una mancata seria riflessione sull’impatto ambientale dei vari vettori di mobilità, una errata e voluta confusione metodologica sulla mobilità fluidità del traffico anziché bisogno di mobilità, opere infrastrutturali dai costi alti quali il ripristino dei tram che impattano negativamente con le città sotterranee e che allo stato attuale sono vettori rigidi rispetto alle esigenze di flessibilità della mobilità sono tutti elementi negativi che asfissiano progressivamente le aziende e riducono l’appetibilità dell’uso del Trasporto Pubblico.

 

E’ venuto, alla fine, alla luce il fallimento dell’idea di liberalizzazione del settore mediante le nuove regole di libero mercato che cozzano con il diritto fondamentale alla mobilità e che non tengono conto dei vincoli imposti dal territorio e del fatto che il settore essendo strategico per il mantenimento del diritto alla mobilità, alla qualità della fruibilità del territorio, delle città della loro vivibilità, abbisogna del reperimento di risorse certe indispensabili al sostenimento e allo sviluppo del settore ad interventi strutturali che oltre a rendere appetibile il TPL lo renda più efficiente ed economico.

 

In questo senso le politiche anche di questo Governo in materia di trasporti continua su un tracciato che non porta alla soluzione dei problemi anzi li aggrava e per questo la CUB Trasporti intende essere strumento per imporre un confronto democratico con tutte le parti sociali, compresi i cittadini ed i lavoratori, per le problematiche relative al trasporto.

 

Venerdì 29 settembre u.s. il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia Padoa Schioppa, ha approvato la manovra di finanza pubblica per il 2007 che all’art. 8 introduce la possibilità di nuove tasse a livello di Enti Locali sulle spalle dei ceti meno abbienti e dei lavoratori.

 

Tra le opere destinatarie del gettito di queste nuove tasse vi sono anche opere per il trasporto pubblico urbano (comma 5 lettera a). D’altra parte il comma 6 dispone che il gettito complessivo dell’imposta non può essere superiore al trenta per cento dell’ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare. (Questo significa far finanziare opere come i tram, in costruzione nelle varie città d’Italia, in profondo rosso con una ulteriore tassa a livello Comunale, questo vale per tutte le opere analoghe nelle città)

 

La Finanziaria esclude dal beneficio di interventi per la riduzione del cuneo fiscale e da incentivi all’occupazione le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti.

 

Nell’articolo 80 mentre dispone che nelle società a totale partecipazione di Comuni e Province, il compenso lordo annuale onnicomprensivo, attribuito al Presidente e ai componenti del consiglio di amministrazione, non possa essere superiore al 70 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente al Sindaco e al Presidente della Provincia, i compensi appena visti,

nelle società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti pubblici o privati, potranno essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, nella misura di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per cento del capitale. (E un modo sottile ad incentivare l’entrata dei privati nelle aziende pubbliche attualmente a totale proprietà pubblica facendo scendere la quota pubblica ben sotto il 49% SIC e POI GULP!!!)

 

Il contributo previsto nell’art. 140 per il completamento degli interventi infrastrutturali di cui alla legge n.211 del 1992 (interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa ) cofinanzianti con Legge n. 443/2001 (legge obiettivo), si riduce ad un contributo per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 di 10 milioni di Euro per un totale nel triennio di 30 milioni di Euro.

 

L’art.143, comma 1 dispone l’istituzione di un Fondo, presso il Ministero dei Trasporti, destinato agli investimenti per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale.

 

Le risorse che alimentano il Fondo ammontano a soli 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2008-2009 per un totale nel triennio di 300 milioni di Euro ed è destinato a coprire il 75% del costo di acquisto sostenuto per il rinnovo del parco rotabile.

 

In particolare gli importi del Fondo sono assegnati per:

 

a) l’acquisto di veicoli ferroviari da destinare ai servizi di competenza regionale di cui all’articolo 8 e 9 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 e successive modifiche ed integrazioni;

b) l’acquisto di veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;

c) l’acquisto di autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.

 

Quindi cifre assolutamente irrisorie che la dicono lunga sulla reale volontà di risolvere la vetustà degli attuali parchi veicolari, di dare una congrua risposta alle effettive esigenze di domanda di trasporto.

 

Con l’articolo 144 dispone, al comma 1, l’aggiornamento del Piano nazionale sulla sicurezza stradale entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge. All’uopo vengono destinati 60 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

 

Inoltre sono stati previsti 20 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la realizzazione di azioni volte a diffondere i valori della sicurezza stradale e ad assicurare una adeguata informazione agli utenti, a rafforzare i controlli su strada anche attraverso l’implementazione di idonee attrezzature tecniche, a migliorare gli standard di sicurezza dei veicoli.

 

Con l’articolo 145 prevede l’autorizzazione della risibile cifra di 10 milioni di Euro per gli anni 2007, 2008 e 2009 per la realizzazione di interventi volti all’ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza, sia dell’infrastruttura ferroviaria che installati a bordo dei materiali rotabili, finalizzati al conseguimento di un maggior livello di sicurezza della circolazione.

 

Con l’articolo 145 sostituisce l’articolo 4 della legge 9 gennaio 2006, n. 13 prevedendo un incremento da 10 a 30 milioni di Euro annui per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 del Fondo per favorire il potenziamento, la sostituzione e l’ammodernamento delle unità navali destinate al servizio di trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, fluviale e lacuale.

 

 

Con l’articolo 160 dispone, per il triennio 2007-2009, l’istituzione di un Fondo rotativo per il finanziamento di misure di riduzione delle immissioni dei gas ad effetto serra la cui dotazione ammonta a 200 milioni di Euro.

 

In particolare si segnala il comma 2 lettera f) dove fra le misure prioritariamente finanziate sono previsti interventi strutturali sulla mobilità urbana inclusi l’incremento del trasporto pubblico elettrificato.

 

Con l’articolo 161 prevede l’istituzione per il triennio 2007-2009 di un fondo pari a 25 milioni di Euro allo scopo di finanziare progetti per la sostenibilità ambientale di settore economici-produttivi o aree geografiche, l’educazione e informazione ambientale e progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile. (PRATICAMENTE NIENTE QUINDI RITORNA CONFERMATA E CONCRETA LA PROSPETTIVA DI NUOVE TASSE COMUNALI PER PROGETTI OBIETTIVO)

 

Per il Trasporto Pubblico Locale dispone che per l’espletamento delle funzioni e dei compiti in materia di trasporto pubblico locale, delegati alle Regioni ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Servizi ferroviari di interesse regionale e locale non in concessione a F.S. S.p.a.), è autorizzato, a decorrere dall’anno 2007, la spesa di euro 60 milioni ad integrazione delle risorse già attribuite alle Regioni ai sensi dell’articolo 2 del DPCM 16 novembre 2000.

 

Altresì sono stati soppressi all’articolo 20 del D.lgs 422 del 1997:

 

a) l’ultimo periodo del comma 2 che prevede che il trasferimento di risorse dovrà garantire l’attuale livello di servizio considerando anche il tasso di inflazione di settore;

b) il comma 6 che prevede che i fondi per le ferrovie sono annualmente regolati dalla legge finanziaria ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

 

CI SONO POI LE MISURE DEL DECRETO LEGGE N: 262 DEL 2006 RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA TRIBUTARIA E FINANZIARIA ….

 

Il disegno di legge di conversione di tale decreto (AC 1750) è stato assegnato in sede referente alle Commissioni riunite V Bilancio e VI Finanze della Camera dei Deputati. L’inizio della discussione non è stato tuttora previsto nel calendario della Camera.

 

Da un’attenta lettura delle norme contenute nel decreto si segnalano le seguenti:

l’art. 7 ai commi 12 e 14 prevede:

 

- la riduzione dell’aliquota di accisa sui gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante da Euro 271,86 a Euro 227,77 per mille chilogrammi di prodotto con una riduzione di circa il 20% (comma 12);

- la fissazione dell’aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante a Euro 416,00 in luogo di Euro 413,00 per mille litri di prodotto (comma 13)

- la fiscalizzazione dell’incremento di Euro 3,00 per mille litri di prodotto (comma 13) oltre che per il settore del trasporto merci anche (comma 2 del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n.16):

 

a) agli enti pubblici ed alle imprese pubbliche locali esercenti l’attività di trasporto di cui al decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, e relative leggi regionali di attuazione;

b) alle imprese esercenti autoservizi di competenza statale, regionale e locale di cui alla legge 28 settembre 1939, n. 1822, al Regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio del 16 marzo 1992, e successive modificazioni, e al citato decreto legislativo n. 422 del 1997;

c) agli enti pubblici e alle imprese esercenti trasporti di fune in servizio pubblico per trasporto di persone.

 

 

L’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 262/2006 modificando l’articolo 1 della legge 17 dicembre 1971, n. 1158 stabilisce che la realizzazione di un collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente sia affidato “ad una S.p.A. al cui capitale sociale partecipino ANAS S.p.A., le Regioni Sicilia e Calabria, nonché altre società controllate dallo Stato e amministrazioni ed enti pubblici. Tale società per azioni è altresì autorizzata a svolgere all’estero, quale impresa di diritto comune ed anche attraverso società partecipate, attività di individuazione, progettazione, promozione, realizzazione e gestione di infrastrutture trasportistiche e di opere connesse”.

 

QUINDI A CONCLUSIONE DI QUESTA ILLUSTRAZIONE, CHE SI SPERA COMUNQUE SUFFICIENTE, SI EVINCE INOLTRE CHE NON C’E’ UNA LIRA PER IL RINNOVO CONTRATTUALE DEL SECONDO BIENNIO ECONOMICO DEGLI AUTOFERROTRANVIERI E LE RISORSE PER INTERVENTI STRUTTURALI DEL SETTORE SONO PRESSOCHE’ INESISTENTI!!!

 

La condizione precaria del trasporto pubblico e delle aziende del TPL è quindi destinata ad aggravarsi vista la scarsità di risorse messe a disposizione anche da questo Governo.

 

Quello che si prefigura è il proseguimento di una politica che punta a contenere drasticamente il costo del lavoro con la conseguente diminuzione del potere di acquisto dei salari, il ricorso alla flessibilità ed al precariato ma che si riflette negativamente anche sui livelli di sicurezza sempre più bassi sia per la tutela dei lavoratori che per gli utenti.

 

LA MANOVRA FINANZIARIA E’ ACCOMPAGNATA, e questo è il pezzo da novanta giocato dal Governo contro cui dobbiamo mobilitarci da subito, DA UN DISEGNO DI LEGGE CHE ALLEGHIAMO CHE DI FATTO LIBERALIZZA DEFINITIVAMENTE IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE.

 

Considerando tutto quanto sopra, esposto consapevoli dell’enormità della sfida che intendiamo affrontare, pur consapevoli della nostra ancora insufficiente adeguatezza organizzativa, vista l’oggettiva rilevanza delle forze che perseguono lo smantellamento di un trasporto inteso come servizio pubblico, intendiamo proseguire con le iniziative che in questi anni hanno caratterizzato la nostra Organizzazione a difesa di un trasporto realmente pubblico, a difesa dei lavoratori e per la conquista e miglioramento dei loro diritti quali:

1. L’eliminazione della legge 30 e della Treu;

2. Rinnovi contrattuali coerenti con l’esigenza di recuperare realmente il terreno perso sia economicamente che normativamente (orari, turni, avanzamenti di carriera, ferie, sicurezza, ambiente);

3. Riconoscimento delle malattie professionali e delle lavorazioni usuranti e riqualificazione dei lavoratori divenuti inidonei alla mansione;

4. Il superamento dei doppi regimi salariali e dei doppi regimi normativi;

5. Il superamento delle assunzioni atipiche precarie, della diversificazione e divisione tra lavoratori dello stesso settore, che pur svolgono stesse mansioni;

6. Incrementare i livelli di sicurezza dei vettori, sia per i lavoratori che per gli utenti con risorse realmente sufficienti;

7. Risorse per interventi strutturali che rilancino l’uso di un trasporto pubblico puntuale, capillare (per raggiungere più facilmente diverse località, diversi punti della città ), una maggiore frequenza delle corse (anche di notte), una maggiore diffusione del trasporto pubblico che consenta una minore distanza delle fermate da casa o dal posto di lavoro, una maggiore disponibilità di mezzi pubblici in corrispondenza di autobus extraurbani e delle stazioni, a costi ragionevoli;

8. Risorse per aumentare il collegamento tra gli aeroporti e le città, per aumentare le zone di interscambio tra diversi mezzi di trasporto con parcheggi adeguati;

9. Risorse per maggiori pulizie dei mezzi, per aumentare i posti a sedere, per mezzi maggiormente climatizzati;

10. Difesa del diritto di sciopero e di rappresentanza;

11. Per un trasporto pubblico realmente alternativo all’uso oggi più comune dell’automobile e comunque una reale alternativa per chi l’auto non ce l’ha o non la vuole usare;

 

Su questi obiettivi si svilupperà e rilancerà l’iniziativa della CUB Trasporti soggetto che è l’aggregazione tra la RdB CUB trasporti, la FLTU CUB, la CUB Aeroportuali, l’AL – Cobas, aggregazione che arriverà a conclusione con il congresso fondativo attorno alla metà del 2007.

 

 

 

 

Firenze mercoledì 25 ottobre 2006

 

 

 

 

 

 

 

Disegno di legge Lanzillotta (Ministro per i rapporti con le Regioni ed Enti Locali) (in quota Margherita)

 

Disegno di legge n. S 772 recante delega al governo per il riordino dei servizi pubblici locali.

Art. 1 (Finalità e ambito di applicazione)

1. La presente legge provvede al riordino della normativa nazionale che disciplina l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali, al fine di favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale di rilevanza economica in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e leale cooperazione.

2. Costituisce funzione fondamentale di comuni, province e città metropolitane individuare - per quanto non già stabilito dalla legge - le attività di interesse generale il cui svolgimento è necessario al fine di assicurare la soddisfazione dei bisogni degli appartenenti alla popolazione locale, in condizioni di generale accessibilità fisica ed economica, di continuità e non discriminazione e ai migliori livelli di qualità e sicurezza, ferma la competenza della regione quando si tratti di attività da svolgere unitariamente a dimensione regionale.

3. Le finalità pubbliche proprie delle attività di cui ai commi 1 e 2 sono perseguite, ove possibile, attraverso misure di regolazione, nel rispetto dei principi di concorrenza e di sussidiarietà orizzontale. Gli interventi pubblici regolativi pongono all’autonomia imprenditoriale e alla libertà di concorrenza delle imprese i soli limiti necessari al perseguimento degli interessi generali, nel rispetto del principio di proporzionalità.

4. Ove siano imposti alle imprese obblighi di servizio pubblico che impediscano la copertura integrale dei costi e l’utile d’impresa, devono essere previste le necessarie misure compensative.

Art. 2 (Delega per la riforma dei servizi pubblici locali)

1. Per le finalità di cui all’articolo 1, il Governo, è delegato ad adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi in materia di servizi pubblici locali, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, anche, ove occorra, modificando l’articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267:

a) prevedere che l’affidamento delle nuove gestioni ed il rinnovo delle gestioni in essere dei servizi pubblici locali di rilevanza economica debba avvenire mediante procedure competitive ad evidenza pubblica di scelta del gestore, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea in materia di appalti pubblici e di servizi pubblici, fatta salva la proprietà pubblica delle reti e degli altri beni pubblici strumentali all’esercizio, nonché la gestione pubblica delle risorse e dei servizi idrici;

b) consentire eccezionalmente l’affidamento a società a capitale interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per l’affidamento in house;

c) consentire eccezionalmente l’affidamento diretto a società a partecipazione mista pubblica e privata, ove ciò reso necessario da particolari situazioni di mercato, secondo modalità di selezione e di partecipazione dei soci pubblici e privati direttamente connesse alla gestione ed allo sviluppo degli specifici servizi pubblici locali oggetto dell’affidamento, ferma restando la scelta dei soci privati mediante procedure competitive e la previsione di norme e clausole volte ad assicurare un efficace controllo pubblico della gestione del servizio e ad evitare possibili conflitti di interesse;

d) prevedere che l’ente locale debba adeguatamente motivare le ragioni che, alla stregua di una valutazione ponderata, impongono di ricorrere alle modalità di affidamento di cui alle lettere b) e c), anziché alla modalità di cui alla lettera a), e che debba adottare e pubblicare secondo modalità idonee il programma volto al superamento, entro un arco temporale definito, della situazione che osta al ricorso a procedure ad evidenza pubblica, comunicando periodicamente i risultati raggiunti a tale fine. In particolare, prescrivere che per giungere alla constatazione della necessità di gestione diretta sia adottata una previa analisi di mercato, soggetta a verifica da parte delle Autorità nazionali di regolazione dei servizi di pubblica utilità competenti per settore, ovvero, ove non costituite, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ove si dimostri l’inadeguatezza dell’offerta privata. Le società di capitali cui sia attribuita la gestione ai sensi della lett. b) non possono svolgere, né in via diretta, né partecipando a gare, servizi o attività per altri enti pubblici o privati.

e) escludere la possibilità di acquisire la gestione di servizi diversi o in ambiti territoriali diversi da quello di appartenenza, per i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nonché per le imprese partecipate da enti locali, affidatarie della gestione di servizi pubblici locali, qualora usufruiscano di forme di finanziamento pubblico diretto o indiretto, fatta eccezione per il ristoro degli oneri connessi all’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla gestione di servizi affidati secondo procedure ad evidenza pubblica, ove evidenziati da sistemi certificati di separazione contabile e gestionale;

f) individuare le modalità atte a favorire la massima razionalizzazione ed economicità dei servizi pubblici locali, purché in conformità alla disciplina adottata ai sensi del presente articolo, anche mediante la gestione integrata di servizi diversi e l’estensione territoriale della gestione del medesimo servizio;

g) armonizzare la nuova disciplina e quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, individuando in modo univoco le nome applicabili in via generale per l’affidamento di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica ed apportando le necessarie modifiche alla vigente normativa di settore in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua, fermo restando quanto previsto dalla lettera a);

h) disciplinare la fase transitoria, ai fini del progressivo allineamento delle gestioni in essere alla normativa adottata ai sensi delle lettere precedenti, prevedendo, se necessario, tempi e modi diversi per la progressiva applicazione della normativa così risultante a ciascun settore;

i) prevedere che gli affidamenti diretti in essere debbano cessare alla scadenza, con esclusione di ogni proroga o rinnovo;

l) consentire ai soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali di concorrere, fino al 31 dicembre 2011, all’affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello specifico servizio già affidato;

m) limitare, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale e di razionalità economica del denegato ricorso al mercato i casi di gestione in regime d’esclusiva dei servizi pubblici locali, liberalizzando le altre attività economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con le garanzie di universalità ed accessibilità del servizio pubblico locale affidato ai sensi delle lettere precedenti;

2. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi.

Art. 3 (Delega per l’adozione di misure finalizzate alla tutela degli utenti dei servizi pubblici locali)

1. Per le finalità di cui all’articolo 1, il Governo è delegato ad adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi in materia di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere che ogni soggetto gestore di servizio pubblico locale debba tempestivamente pubblicizzare mediante mezzi idonei, a pena di revoca dell’affidamento, una carta dei servizi resi all’utenza, adottata in conformità ad intese con le associazioni di tutela dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, che indichi anche le modalità di accesso alle informazioni garantite, quelle per porre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie, nonché i livelli minimi garantiti per ciascun servizio e le modalità di ristoro dell’utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza;

b) prevedere che il permanere dell’affidamento sia condizionato al positivo riscontro degli utenti, che dovrà essere periodicamente verificato mediante l’esame dei reclami e mediante indagini e sondaggi di mercato, anche a campione, effettuati a cura e spese del gestore secondo modalità prefissate idonee a garantirne l’obiettività;

c) prevedere forme di vigilanza, anche delle autorità nazionali di regolazione, sull’adozione, sull’idoneità e sul rispetto della carta dei servizi e sull’effettuazione dei sondaggi e delle indagini di mercato, adottando tutte le misure idonee a garantire il rispetto della normativa emanata ai sensi delle lettere precedenti;

d) armonizzare la nuova normativa con la disciplina vigente in materia di tutela dei consumatori e con quella di settore applicabile ai diversi servizi pubblici locali, in modo da aumentare, senza in alcun caso ridurre, il previgente livello di tutela degli utenti in materia di accessibilità, sicurezza, continuità, qualità e trasparenza di condizioni del servizio.

e) rafforzare i poteri di vigilanza delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità competenti per settore, al fine di garantire la promozione e la tutela della concorrenza e i diritti dei consumatori e degli utenti.

2. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi.

RELAZIONE

Alla fine degli anni 90 era stato finalmente avviato un processo di riforma dei servizi pubblici locali, volto ad accrescere l’efficacia dei servizi nel soddisfare i bisogni dei cittadini e ad aumentarne l’efficienza, così da ridurre i costi per le comunità locali. I passaggi fondamentali, che si inserivano in un più generale processo di riforma della regolazione nei settori dei servizi di pubblica utilità, erano costituiti dalle riforme del trasporto pubblico locale, del settore elettrico e del gas naturale, nonché dall’introduzione di incentivi per le trasformazioni delle aziende speciali in S.p.A., puntando a sviluppare la distinzione di ruoli tra ente locale, che programma e regola il servizio, e azienda, che lo deve gestire su base imprenditoriale, aprendo a forme di concorrenza “nel” mercato e “per” il mercato (affidamento a gara).

Il processo così avviato deve ora essere sviluppato con una legge di delega sui servizi pubblici locali che, in attuazione del nuovo dettato costituzionale che attribuisce allo Stato il compito di promuovere la concorrenza, estenda a tutti i settori dei servizi pubblici locali l’approccio riformatore e costruisca una cornice d’insieme coerente per le sperimentazioni da parte degli enti locali di nuove forme di gestione dei servizi più vicine ai cittadini e per le iniziative imprenditoriali delle migliori aziende di servizio.

L’esigenza di un nuovo approccio riformatore è accentuata dall’involuzione del processo di riforma registrata negli ultimi anni. Nella scorsa legislatura, infatti, la maggioranza di centrodestra, mediante il nuovo articolo 113 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali, ha operato un vero e proprio ritorno al passato, lasciando solamente come opzionale l’affidamento a gara del servizio. La predetta disposizione consente sia l’affidamento diretto a società a capitale misto pubblico-privato nella quale il socio privato viene scelto attraverso gara, sia l’affidamento diretto a società a capitale interamente pubblico controllata dall’ente locale proprietario, secondo il modello di gestione cosiddetto “in house”. Il risultato è la cristallizzazione della situazione esistente e la sostanziale garanzia delle posizioni di monopolio: ai gestori pubblici si offre la possibilità di mantenere l’affidamento diretto protetto, al prezzo di rinunciare a crescere come realtà imprenditoriali che si misurano a tutto campo; alle imprese private si offre la possibilità di entrare in una società mista cui si è assicurata una posizione di monopolio tramite affidamento diretto, in cambio della rinuncia a veder aprire i mercati. Resta inoltre un quadro complessivo incoerente, rispetto alla precedente disciplina. Infine, le scadenze originariamente previste dal periodo transitorio per i diversi servizi pubblici locali sono state, recentemente, più volte prorogate, talvolta in modo confuso, con un generale slittamento in avanti nel tempo di ogni prospettiva di confronto concorrenziale.

Le conseguenze di questa situazione sono gravi per i cittadini, per gli enti locali, per le imprese e, complessivamente, per il sistema economico italiano. I cittadini vedono svanire la speranza di godere di servizi di migliore qualità e con costi più bassi che consentano di ridurre le tariffe e/o i contributi alle aziende (e quindi l’assorbimento di risorse dai bilanci comunali). Gli enti locali non possono usufruire dei vantaggi di un mercato aperto nella scelta del gestore cui affidare il sevizio. Le imprese restano chiuse nei loro confini municipalistici senza possibilità di crescita industriale. Il sistema economico italiano subisce le conseguenze delle irrisolte carenze infrastrutturali, nonché della scarsa qualità e dei prezzi più alti di servizi che costituiscono importanti input produttivi per le imprese esposte alla concorrenza internazionale.

Nel mondo delle aziende locali vi sono, viceversa, energie imprenditoriali e lavorative, nonché capacità innovative che devono essere liberate, affinché possano realizzare un salto di qualità nella fornitura di servizi ai cittadini e nel sostegno alla competitività del sistema economico italiano. Al tempo stesso il sistema delle autonomie locali deve poter disporre di strumenti di programmazione e regolazione forti che consentano un governo effettivo del territorio, indirizzando la rete dei servizi a soddisfare le esigenze di crescita economica e civile delle comunità amministrate.

Si tratta di andare oltre gli assetti definiti nella passata legislatura, per superare le strozzature e le incoerenze dovute all’inerzia ed ai recenti orientamenti controriformatori e per fornire un quadro di certezza normativa che consenta agli organi di governo locale di curare lo sviluppo del proprio territorio e valorizzi le capacita delle imprese pubbliche e private che operano nel campo dei servizi locali. La linea deve essere quella di una regolazione forte dei mercati da parte delle autorità pubbliche, che dia spazio al confronto concorrenziale e crei occasioni di sviluppo per le imprese che vogliono crescere e innovare.

La premessa di un rilancio e uno sviluppo del processo riformatore sta nella inequivocabile affermazione che 1a proprietà delle reti e degli impianti di servizio pubblico locale deve essere mantenuta in capo agli enti locali. E’ questo un presupposto essenziale per due motivi principali: prima di tutto, perché la proprietà di reti e impianti garantisce all’ente locale la possibilità di programmare lo sviluppo delle reti stesse e quindi di governare il territorio di riferimento; in secondo luogo, in quanto la proprietà pubblica è essenziale affinché la concorrenza "per" il mercato possa svilupparsi correttamente - cioè senza artificiali "barriere all’entrata" - tra imprese che si candidano a gestire la rete e a realizzare programmi di investimento coerenti con gli indirizzi stabiliti dall’ente locale. Al termine del periodo di affidamento, rete e impianti tornano nella disponibilità dell’ente locale che può cosi procedere al nuovo affidamento.

Venendo ora alle forme della regolazione, occorre prendere spunto dalla distinzione, contenuta nel Libro verde sui servizi di interesse generale, fra i “servizi di rilevanza economica” e quelli “privi di rilevanza economica”. L’attribuzione all’una e all’altra area di una attività mostra un carattere dinamico ed è connessa all’evoluzione culturale, economica e tecnologica. I servizi di interesse economico generale esercitati in ambito locale o che costituiscono segmenti di dimensione locale di attività organizzata a livello nazionale (come nel caso della gestione delle reti di distribuzione locale nel settore dell’energia e del trasporto pubblico) hanno sempre più assunto rilevanza economica, rendendo ineludibile l’esigenza di ricorrere al principio di concorrenza, ai fini dello sviluppo dei servizi mediante il confronto competitivo fra gli operatori.

In questo contesto legislativo, complesso e privo di organicità, il disegno di legge in esame vuole promuovere, mediante la delega al governo, il complessivo riordino della disciplina dei servizi pubblici locali , anche, ove occorra, mediante interventi sul t.u. enti locali .

Si chiarisce inoltre che i servizi pubblici locali sono una parte essenziale delle funzioni fondamentali dei comuni, e che essi sono connotati dal principio di atipicità e devono rispondere a criteri di proporzionalità, adeguatezza e commisurazione dei costi alle funzioni, secondo le note indicazioni dei documenti comunitari in materia di appalti e concessioni e di partenariato pubblico privato.

L’architrave della nuova disciplina è costituita dal generale ricorso a procedure competitive ad evidenza pubblica di scelta del gestore, per l’affidamento delle nuove gestioni e per il rinnovo delle gestioni in essere dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, ad eccezione del servizio idrico, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea in materia di appalti pubblici e di pubblici servizi.

Il ricorso a forme diverse di affidamento dei servizi pubblici locali resta, quindi, consentito solo eccezionalmente, laddove il ricorso a tali soluzioni sia motivatamente imposto da particolari situazioni di mercato. In tali casi, peraltro, l’ente locale dovrà anche adottare e pubblicare secondo modalità idonee il programma volto al superamento, entro un arco temporale definito, della medesima situazione di mercato.

Su tali scelte si prevedono controlli delle autorità poste a tutela della concorrenza. In particolare, l’eccezionale possibilità di affidamento diretto in house viene limitata alle sole società pubbliche partecipate dall’ente locale in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento comunitario.

Anche l’eccezionale possibilità di affidamento a “società miste”, partecipate dall’ente locale, viene circondata da garanzie, circa la stretta inerenza delle modalità di selezione e di partecipazione dei soci pubblici e privati agli specifici servizi pubblici locali oggetto dell’affidamento, ferma restando la scelta dei soci privati mediante procedure competitive. Dovranno, inoltre, essere previste norme e clausole volte ad assicurare un efficace controllo pubblico della gestione del servizio e ad evitare possibili situazioni di conflitto di interessi.

La possibilità di acquisire la gestione di servizi diversi o in ambiti territoriali diversi da quelli di appartenenza viene esclusa per i soggetti già affidatari in via diretta di servizi pubblici locali, nonché per le imprese partecipate da enti locali, che usufruiscano di finanziamenti pubblici diretti o indiretti, salvo che si tratti del ristoro degli oneri di servizio relativi ad affidamenti effettuati mediante gara, semprechè l’impresa disponga di un sistema certificato di separazione contabile e gestionale.

Il riordino dei servizi dovrà altresì puntare a favorire la massima razionalizzazione ed economicità, anche mediante la gestione integrata di servizi diversi e l’estensione territoriale della gestione del medesimo servizio.

Il presente intervento normativo ha l’ambizione di introdurre una disciplina unitaria per l’affidamento di tutti i servizi pubblici locali, che dovrà quindi essere armonizzata con le discipline di settore previste per ciascun servizio pubblico locale, anche mediante l’univoca indicazione delle norme applicabili in via generale a tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica e delle norme di settore, ferme restando la proprietà pubblica delle reti e degli altri beni pubblici e strumentali, nonché la gestione pubblica del servizio idrico.

Molta cura dovrà essere dedicata alla disciplina transitoria mediante il progressivo allineamento delle diverse gestioni in essere alla nuova normativa. In particolare si prevede che le gestioni dirette ormai in essere proseguano fino alla naturale scadenza, senza poter essere però prorogate o rinnovate. Naturalmente, il soggetto affidatario diretto potrà concorrere, così come ogni altro operatore, alla gara volta ad affidare il medesimo servizio mediante sistema di scelta competitiva. Tale possibilità scadrà, peraltro, al termine di un congruo periodo transitorio, che viene fissato al 31 dicembre 2011. Sarà quindi cura dell’affidatario diretto sollecitare il comune ad indire la procedura concorsuale entro il predetto termine.

Infine, si prevede di limitare i casi di gestione del servizio pubblico locale in regime di esclusiva, alla stregua di un criterio di proporzionalità e sussidiarietà orizzontale, dovendo l’ente locale motivare la razionalità economica del denegato accesso al mercato. Ciò dovrà comportare la liberalizzazione delle attività economiche di prestazione di servizi di interesse generale in ambito locale compatibili con lo svolgimento del servizio pubblico locale, che a propria volta dovrà continuare ad essere connotato dalle garanzie di universalità ed accessibilità.

Il disegno di legge delega, altresì, il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali.

Si prevede, al riguardo, che ogni gestore debba adottare una carta dei servizi concordata con le associazioni dei consumatori e delle imprese interessate all’utenza del servizio, che indichi anche e modalità d’accesso alle informazioni garantite, le modalità per porre reclamo, le modalità per adire le vie conciliative e giudiziarie, nonché i livelli minimi garantiti per ciascun servizio e le modalità di ristoro dell’utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza.

Il permanere dell’affidamento del servizio sarà quindi condizionato all’adozione ed al rispetto della carta, nonché al positivo riscontro degli utenti, che dovrà risultare dall’esame dei reclami e dall’effettuazione di sondaggi di mercato, connotati da garanzie di obbiettività, sotto la vigilanza dell’ente locale e delle autorità nazionali di regolazione.

RELAZIONE TECNICO-FINANZIARIA

Dal presente provvedimento non derivano nuovi oneri o minori entrate a carico della finanza pubblica, essendo previste misure che non comportano nuove o maggiori attività amministrative, né richiedono l’istituzione di nuovi organi o competenze, e non essendo previsti né incentivi di alcun tipo, né misure fiscali.

In particolare, i compiti di gestione delle procedure di affidamento dei servizi locali e di vigilanza sul rispetto delle norme di tutela degli utenti, già rientrano nelle ordinarie competenze degli uffici pubblici competenti, che vi faranno, quindi, fronte con le ordinarie dotazioni organiche, strumentali e finanziarie.

Gli ulteriori previsti compiti di verifica del grado di soddisfacimento degli utenti sono espressamente posti dalla norma a carico del gestore, che vi dovrà quindi far fronte nell’ambito della propria organizzazione imprenditoriale e delle proprie strategie d’impresa, senza poter pertanto “ricaricare” le spese sul contratto di servizio stipulato con l’ente locale.

Al contrario, il previsto ricorso a procedure competitive di scelta della migliore offerta, unitamente alla prevista apertura alla libera concorrenza di fasce di mercato, potrà ragionevolmente determinare non solo una maggiore soddisfazione dei cittadini utenti, ma anche una più razionale gestione del servizio, alleviando i relativi oneri pubblici, nonché un aumento del fatturato del settore, con maggiori introiti anche per le finanze pubbliche